Il Parlamento ha approvato tutti i commissari europei
Dopo otto giorni di trattative i gruppi politici hanno trovato un accordo. Nessuna bocciatura e Fitto resta vice-presidente
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles.
È stata una settimana di lunghe trattative al Parlamento europeo, che dopo otto giorni dalle ultime audizioni ha approvato i 26 commissari proposti dagli Stati membri.
Partito popolare europeo, Socialisti e democratici e Renew Europe, in una delle gif più condivise a Bruxelles nei giorni scorsi
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🕵️ Trattative segrete, ma non troppo
In teoria, l’approvazione di ogni commissario avviene tramite una lettera di valutazione, da redigere subito dopo l’audizione di fronte alla commissione parlamentare competente, come vi avevamo raccontato in questo numero di Spinelli. Gli eurodeputati devono valutare la competenza del candidato commissario in base alle sue risposte, ed eventualmente chiedergliene altre per iscritto. Così è andata per 20 commissari, con 19 promossi e uno solo “rimandato” alle risposte scritte, l’ungherese Olivér Várhelyi, incaricato di Salute e benessere animale.
L’intero processo si è però trasformato in un negoziato politico quando, il 12 novembre, si sono svolte le audizioni dei sei candidati vice-presidenti della Commissione: l’estone Kaja Kallas, la finlandese Henna Virkkunen, il francese Stéphane Séjourné, la romena Roxana Mînzatu, la spagnola Teresa Ribera e l’italiano Raffaele Fitto.
Arrivati a questo punto, i tre gruppi politici che hanno sostenuto la presidente Ursula von der Leyen nella scorsa legislatura e che la sosterranno nella prossima - Partito popolare europeo (PPE), Socialisti e democratici (S&D) e Renew Europe - hanno deciso di sospendere le valutazioni.
Ogni gruppo aveva riserve su almeno uno dei candidati , ma anche bisogno dell’approvazione degli altri gruppi per i propri. Per questo, si è concordato di negoziare un’intesa sull’intero “pacchetto” dei sette commissari ancora non confermati (i sei vice-presidenti più Várhelyi).
Ufficialmente, il Parlamento europeo non ha comunicato questo accordo, ma i gruppi politici lo hanno reso noto alla stampa. Giorno dopo giorno, i leader di questi gruppi si sono incontrati, avanzando ognuno le proprie richieste. I negoziati non erano pubblici, ma alla fine di ogni incontro trapelavano informazioni off the records, e gli eurodeputati raccontavano ai giornalisti come stavano andando.
Il Partito popolare europeo contestava la nomina di Teresa Ribera, vice-presidente per la Transizione pulita, giusta e competitiva.
Su pressione degli eurodeputati spagnoli del gruppo, il PPE esigeva le dimissioni di Ribera, se dovesse essere coinvolta in un’indagine giudiziaria sulle inondazioni di Valencia (al momento Ribera è vice-presidente del governo di Spagna e ministra della Transizione ecologica, accusata dal Partido popular di avere responsabilità nel disastro).
Socialisti e liberali, invece, non vedevano di buon occhio l’incarico al commissario Várhelyi e la vice-presidenza assegnata a Fitto, non tanto per le competenze del candidato italiano, ma per la sua appartenenza a Fratelli d’Italia. S&D e Renew europe vogliono infatti che la Commissione sia sostenuta da una maggioranza “centrista” e “pro-europea”, che non includa partiti euroscettici di destra radicale.
🤝 L’accordo di coalizione per la legislatura europea
Alla fine lo stallo è stato superato, come spesso accade nelle istituzioni europee, con una soluzione di compromesso abbastanza vaga da poter essere accettata da tutti.
In questo caso, è stato stilato un documento, considerato una sorta di “accordo di coalizione” fra PPE, S&D e Renew Europe. In realtà, il testo parla di una “piattaforma di cooperazione” per la legislatura, e si limita a riprendere le linee guida politiche enunciate dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen il giorno della sua rielezione (ve ne avevamo parlato qui).
Non c’è scritto nero su bianco che questi tre gruppi politici formeranno una maggioranza nei prossimi cinque anni, ma promettono solo cooperazione reciproca, con apertura ad altre forze politiche, che rispettino tre principi: lo Stato di diritto, il sostegno all’Ucraina e una posizione pro-europea.
Questa formula, anch’essa molto vaga, era stata usata dalla stessa Ursula von der Leyen durante la sua campagna elettorale, e permette di non escludere da una possibile maggioranza né i Verdi/Alleanza libera per l’Europa, né i Conservatori e riformisti europei.
Inserita nel documento concordato dai tre gruppi politici, ha permesso di approvare tutti i candidati ancora in attesa. Le decisioni su Ribera e Fitto erano vincolate l’una all’altra: se i popolari non avessero approvato la candidata spagnola, i socialisti non avrebbero dato il via libera a quello italiano, e viceversa.
Le riunioni delle commissioni parlamentari incaricate di valutarli sono quindi proseguite fino alle 11 di sera, anche se in realtà non c’era nulla da valutare: gli eurodeputati aspettavano soltanto l’accordo politico fra i loro capi.
Alla fine i due vice-presidenti sono stati approvati senza cambiamenti ai loro portafogli. Semplicemente, nelle rispettive lettere di valutazione sono state inserite delle “riserve”, annotazioni senza alcun valore vincolante. Per Ribera, il PPE ha fatto includere la propria richiesta di dimissioni, nel caso di indagini sul conto della vice-presidente per i fatti di Valencia; per Fitto S&D e Renew Europe hanno ribadito che non approvano la scelta di conferirgli la vice-presidenza.
Nel caso dell’ungherese Várhelyi, invece, è emersa una richiesta più sostanziale. Il Parlamento vuole eliminare dal suo incarico due competenze specifiche: la preparazione alle emergenze sanitarie e i diritti alla salute sessuale e riproduttiva, entrambe da trasferire nel portafoglio della commissaria belga Hadja Lahbib.
✅ Come (non) cambia la Commissione europea
L’approvazione dei commissari da parte del Parlamento permette di passare alla fase successiva: il voto dell’Eurocamera sull’intera Commissione, che si terrà a Strasburgo il 27 novembre.
Le modifiche richieste alla presidente von der Leyen sono minime: oltre alla revisione del portafoglio di Várhelyi, ci sono altri suggerimenti minori, come il cambio del titolo per la commissaria Mînzatu, che sarà vice-presidente per “Lavoro di qualità, diritti sociali, educazione, competenze e preparazione”.
Quelle agli Stati membri sono ancora meno: nel 2019 il Parlamento aveva bocciato tre commissari, quest’anno nessuno.
La Commissione dovrebbe avere un margine piuttosto solido nel voto finale di approvazione, per cui è necessaria la maggioranza assoluta dei voti espressi: al contrario del voto sulla presidente, quindi, l’astensione non conta come voto contrario.
PPE, S&D e Renew Europe hanno 401 eurodeputati su 719 totali, anche se non tutti voteranno sicuramente a favore, visto che alcuni eurodeputati socialisti e liberali sono scontenti dell’accordo finale.
Rispetto alla votazione sulla presidente von der Leyen, approvata a luglio con 401 eurodeputati a favore, la Commissione potrebbe perdere il sostegno dei Verdi e guadagnare quello del gruppo ECR, o almeno di alcuni partiti che lo compongono come Fratelli d’Italia, ora che uno dei suoi membri è vice-presidente.
Se l’approvazione della Commissione non sembra in dubbio, il futuro della legislatura è molto più incerto. Perché la maggioranza “centrista e pro-europea” che ha sostenuto von der Leyen negli ultimi cinque anni appare molto meno compatta.
L’accordo di coalizione appena firmato da PPE, S&D e Renew Europe non è in alcun modo vincolante. Anche perché al contrario di quanto avviene nei parlamenti nazionali, il Parlamento europeo non può far cadere la Commissione se non con una “mozione di censura”, mai avvenuta nella storia europea.
Il Partito popolare europeo potrebbe facilmente decidere di rompere il fronte e allearsi con i partiti di destra radicale su alcune politiche, come i temi ambientali o l’immigrazione. Lo ha già fatto in alcuni casi nei mesi scorsi, dando vita in aula alla cosiddetta “Maggioranza Venezuela”, formata da PPE, ECR e Patrioti per l’Europa per la prima volta in occasione di un voto sul riconoscimento come presidente del leader dell’opposizione venezuelana Edmundo González.
Questa scelta, come altre votazioni successive, ha rotto di fatto il “cordone sanitario”, cioè la strategia per cui i gruppi pro-europei evitavano di coinvolgere i partiti di destra radicale nelle decisioni e negli incarichi a livello europeo.
Molto probabilmente, considerati gli equilibri del nuovo Parlamento e della nuova Commissione, l’Unione europea avrà una maggioranza politica traballante, o perfino due maggioranze alternative.
💶 Raffaele Fitto sarà vice-presidente per la Coesione e le riforme
🇪🇺 Altre cose successe in Europa questa settimana
La Spagna ha annunciato che garantirà un permesso di soggiorno e di lavoro a circa 300mila persone migranti senza documenti ogni anno, per i prossimi tre anni.
I contadini francesi hanno dato vita a massicce proteste contro la possibile firma di un accordo commerciale tra UE e Paesi del Sudamerica, che è al momento in fase di negoziato.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha prestato soccorso alla vittima di un malore durante un volo da Zurigo a Bruxelles. Von der Leyen ha una laurea e un dottorato in medicina.
🧑🏫 Innovazione tecnologica in Sardegna
Da Bruxelles andiamo in Sardegna, dove per potenziare l’utilizzo dell’innovazione tecnologica nelle scuole i fondi europei finanziano il progetto Tutti a Iscol@. 60 tutor didattici e tecnologici hanno guidato circa 400 docenti nella sperimentazione di nuovi metodi e strumenti didattici. Gli stessi insegnanti hanno poi trasferito nelle aule, a circa 8mila studenti, le pratiche innovative apprese.
🏙️ Ci vediamo a Future4Cities!
Dal 28 al 30 novembre saremo a Milano con il festival Future4Cities, dedicato al futuro delle città: tre giorni di incontri, talk, workshop, podcast live e show, sempre gratuiti e aperti per scrivere e immaginare insieme il futuro delle città. Vi aspettiamo!
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🎙️ Se domani non torno
È uscita una nuova puntata speciale di "Se domani non torno", il podcast scritto da Silvia Boccardi e Camilla Ferrario in cui attraverso dati e narrazioni abbiamo dato voce a chi lotta per porre fine alla tragica realtà dei femminicidi 👇
Abbiamo realizzato questo podcast un anno fa, colpiti come tanti dal femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha profondamente scosso l’opinione pubblica, facendo emergere una dura verità: le donne spesso vengono uccise dai loro compagni, non da sconosciuti; dai ragazzi comuni e non da mostri immaginari.
In questa puntata speciale abbiamo intervistato la scrittrice e filosofa Maura Gancitano, la data journalist Donata Columbro e il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, per cercare di capire come siano cambiati i dati relativi alla diffusione della violenza di genere in Italia, la percezione della società civile su questo tema e le leggi in materia.
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