I nuovi vertici dell’Unione europea
Ursula von der Leyen, António Costa e Kaja Kallas sono i prescelti per le posizioni di vertice dell’UE
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles, dove questa settimana i capi di Stato e di governo dell’UE si sono incontrati per prendere decisioni importanti. O meglio, per renderle ufficiali, visto che le scelte erano state fatte già nei giorni scorsi, senza peraltro che fossero tutti d’accordo.
Il Consiglio europeo ha formalizzato i cosiddetti “top jobs“. Cioè le nomine della prossima presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, del prossimo presidente del Consiglio europeo, António Costa, e del prossimo Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas. Si tratta delle persone che guideranno l’Europa nei prossimi cinque anni, e in questa newsletter vi raccontiamo chi sono.
🕓 Questa newsletter oggi conta 1.547 parole e si legge tutta in 8 minuti.
💼 Come vengono scelti i “top jobs”
Come spiegato in questo numero di Spinelli, il Consiglio europeo elegge a maggioranza qualificata (15 Stati su 27, con almeno il 65% della popolazione complessiva) il proprio presidente e sceglie il presidente della Commissione e l’Alto rappresentante, che devono però essere confermati con un voto a maggioranza assoluta dal Parlamento europeo.
Nella pratica, i 27 leader nazionali decidono un “pacchetto” di nomi, che include anche il presidente del Parlamento europeo, bilanciando nazionalità e appartenenza politica dei candidati. A negoziarlo sono le famiglie politiche che comporranno la maggioranza nell’UE: nelle ultime due legislature sono stati popolari, socialisti e liberali.
In questo caso però, i sei capi di Stato e di governo che hanno condotto le trattative (due per ogni gruppo politico) hanno fatto trapelare alla stampa i nomi due giorni prima del vertice a Bruxelles. La cosa non è piaciuta a quei leader nazionali che sono rimasti esclusi dai negoziati, come la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni che ha votato contro le nomine di Costa e Kallas e si è astenuta su quella di von der Leyen.
Nel 2019 fu scelta come presidente della Commissione europea la ministra della Difesa della Germania Ursula Gertrud Albrecht von der Leyen, figlia di un funzionario della Comunità europea e sposata con Heiko von der Leyen, medico di origini nobili. In molti a Bruxelles non conoscevano il suo nome, in pochi avrebbero scommesso su un suo secondo mandato, e forse nessuno poteva prevedere le situazioni che avrebbe dovuto affrontare nei suoi cinque anni di presidenza.
La pandemia da Covid19, l’invasione russa dell’Ucraina e la crisi energetica hanno segnato uno dei periodi più turbolenti della storia dell’Unione europea. Soprattutto perché l’UE è stata chiamata a prendere decisioni epocali, dall’acquisto congiunto di vaccini, all’emissione di debito comune con il NextGeneration EU, fino al supporto militare diretto di un Paese in guerra. Condizioni che hanno aumentato l’importanza della Commissione e della figura stessa di von der Leyen, che nel 2022 è stata nominata “donna più potente del mondo” dalla rivista Forbes.
In questi cinque anni a Bruxelles sono emersi difetti e virtù di una presidente pragmatica e “militare”, che non ha tempo per i convenevoli e dorme in un alloggio ricavato accanto al suo ufficio, a Palazzo Berlaymont. Non sono mancate le critiche al suo operato: la controversa e poco trasparente gestione dell’acquisto dei vaccini, la marcia indietro su alcuni provvedimenti ambientali e le posizioni sulla guerra in Medio Oriente.
Alla fine però, i capi di Stato e di governo hanno puntato ancora su di lei, considerandola affidabile per il delicato momento storico in cui si trova l’UE. Per conquistare l’approvazione anche del Parlamento europeo ha scelto un approccio “aperto”, non escludendo di collaborare né con i Verdi né con i Conservatori e riformisti europei per allargare la sua maggioranza.
Il nome di António Costa era probabilmente quello più scontato dell’intero pacchetto di nomine, perché il prossimo presidente del Consiglio è un veterano della politica europea, primo ministro del Portogallo dal 2015 e prima ancora europarlamentare per una legislatura nel gruppo dei socialisti.
La sua candidatura ha rischiato di saltare a causa di uno scandalo di corruzione che ha investito il suo governo e lo ha spinto alle dimissioni nell’autunno 2023. Ma nei suoi confronti non c’è alcun capo d’accusa e la scelta fu dettata in realtà da un errore di trascrizione della magistratura: nell’intercettazione telefonica che portò all’apertura dell’inchiesta non si nominava il primo ministro, ma il ministro dello Sviluppo economico, il suo quasi omonimo António Costa Silva.
Nato a Lisbona nel 1961, l’ex capo di governo portoghese ha origini indiane e francesi ed è figlio di due scrittori. A Bruxelles è particolarmente apprezzato per la sua capacità di costruire consenso e di mediare tra posizioni anche molto diverse. Tanto che il suo ruolo di negoziatore fu cruciale nell’ultima trattativa sui “top jobs” nel 2019, quando trovare un accordo fra i leader nazionali fu molto più difficile di ora.
Si tratta di una scelta all’insegna dell’equilibrio, perché Costa rappresenta anche l’Europa meridionale e i Paesi di medie dimensioni, oltre che la famiglia socialista. Le sue capacità negoziali saranno ancora più importanti ora che alcuni governi dell’UE sono guidati da partiti che non appartengono alle famiglie politiche di maggioranza: Italia, Ungheria, Cechia e Slovacchia.
Per la prima volta il ruolo di Alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza andrà a un esponente politico dell’Est Europa. Non è il primo tabù infranto dalla liberale Kaja Kallas, prima donna a ricoprire l’incarico di prima ministra nel suo Paese, l’Estonia.
Il suo destino politico sembra scritto nell’albero genealogico: il nonno Eduard Alver fu uno dei fondatori della Repubblica di Estonia nel 1918, il padre Siim Kallas primo ministro estone e commissario europeo ai trasporti per due legislature.
Nata a Tallinn nel 1977 quando la città faceva ancora parte dell’Unione Sovietica, ha studiato legge ed economia, prima di intraprendere un percorso politico da manuale: Parlamento nazionale, Parlamento europeo, segreteria del Partito Riformatore Estone, e guida del governo dal gennaio 2021.
Mentre la sua popolarità in patria è calata per uno scandalo legato agli interessi del marito Arvo Hallik in una società di trasporti russa, la sua reputazione internazionale ha guadagnato spessore negli ultimi anni, dopo l’inizio della guerra dell’Ucraina.
Kallas appartiene alla fazione dei leader dell’UE più intransigenti nel supporto all’Ucraina e nella necessità di fronteggiare i tentativi di espansione della Russia: sotto il suo governo l’Estonia è stato il Paese europeo con la percentuale più alta di aiuti a Kiev in relazione al proprio prodotto interno lordo.
Anche per questo, alcuni governi erano scettici sulla scelta, temendo che affidarle la politica estera dell’Unione potesse inasprire lo scontro con la Russia. Altri, a Bruxelles, sottolineavano il rischio di concentrarsi troppo sul fronte orientale tralasciando il quadrante meridionale dell’Europa.
Ora dovrà ottenere la fiducia del Parlamento europeo e convincere anche i diffidenti mettendo insieme tutti i tasselli degli interessi nazionali dei Paesi, per formare un interesse globale dell’Unione europea. Fare i puzzle, del resto, è uno dei suoi hobby preferiti.
La ministra svedese agli Affari europei Jessika Roswall ha pubblicato un video di congratulazioni per i tre prescelti. Ma in realtà lo aveva girato diverse ore prima dell’ufficialità delle nomine, come testimonia la luce che filtra nel Palazzo Europa.
Fonte: @EddyWax
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