Una lista europea di Paesi sicuri
I cittadini degli Stati presenti su questo elenco affronteranno una procedura più rapida se proveranno a chiedere asilo in UE
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese,
Questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles, dove questa settimana la Commissione ha presentato la prima lista europea di Paesi di origine sicuri: un elemento rilevante - e molto contestato - delle politiche migratorie dell’UE.
La proposta legislativa completa prevede di anticipare l’entrata in vigore di alcuni punti del Patto migrazioni e asilo, la grande riforma della politica migratoria europea che vi avevamo raccontato qui.
Ah, prima di cominciare, una comunicazione. Venerdì prossimo è il 25 aprile e Spinelli si prende una piccola pausa. Ci risentiamo dal 2 maggio!

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🔍 Cos’è un Paese sicuro?
Il concetto di Paese di origine sicuro si applica per valutare le richieste di asilo da parte di cittadini stranieri. Anche se nei Paesi dell’UE ogni domanda di asilo deve essere analizzata singolarmente, le persone migranti provenienti da un Paese sicuro vengono sottoposte a una procedura accelerata, della durata massima di tre mesi.
La logica dietro questa scelta è che le persone con determinate nazionalità sono generalmente sicure nei rispettivi Paesi di origine: non fuggono cioè da guerre, situazioni di pericolo imminente o persecuzioni collettive.
Per questo le loro domande di asilo hanno molto spesso un esito negativo, salvo casi individuali di persone a rischio per motivi specifici.
Quindi, gli Stati dell’UE vogliono processare più velocemente queste domande, per poi velocizzare e incrementare anche i rimpatri nei rispettivi Paesi d’origine.
Finora, spettava solo ai 27 Stati membri decidere quali Paesi d’origine potevano essere considerati sicuri. Ma nel Patto migrazioni e asilo, approvato definitivamente a maggio 2024, è stata prevista una lista comune.
🤯 Una lista, tante liste?
In realtà le liste sono due, e comprendono quindici Paesi in totale.
Una è composta dagli Stati candidati all’adesione all’UE: Albania, Bosnia, Georgia, Moldavia, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Resta esclusa solo l’Ucraina, a causa dell’invasione russa che non permette di designare il Paese come sicuro.
L’altra parte dell’elenco include Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia.
Questi Paesi sono stati scelti applicando determinati criteri, ha spiegato la Commissione europea. I loro cittadini ottengono raramente l’asilo nei Paesi dell’UE, con tassi di riconoscimento pari o inferiori al 5%.
Ma inoltrano un volume consistente di richieste, anche perché alcuni di loro - come i colombiani o i kosovari - possono entrare in Europa in modo legale come turisti, senza bisogno di visto, per 90 giorni, e in alcuni casi ne approfittano proprio per restare più a lungo e chiedere asilo.
La lista europea, che dovrà essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio dell’UE, sarà aggiornata periodicamente in base alle situazioni dei vari Stati, che potrebbero entrare e uscire dall’elenco.
Si affiancherà alle liste nazionali di Paesi di origine sicuri che molti Stati membri hanno già in vigore, per sottoporre a procedure di asilo accelerate le persone di alcune nazionalità.
La lista dell’Italia, comprende 19 Paesi: quasi tutti quelli inclusi in quella europea più altri tra cui Ghana, Sri Lanka o Algeria.
La lista europea è dunque una sorta di minimo comune: tutti i richiedenti asilo provenienti dai Paesi inclusi dovranno essere sottoposti a procedure accelerate. Ma i singoli Stati membri sono liberi di avere altri Paesi di origine sicuri in più nelle proprie liste nazionali.
L’obiettivo dichiarato di una lista comune europea è quello di favorire una maggiore convergenza tra le varie liste degli Stati membri, che al momento appaiono però molto diverse: dai sette Paesi di origine sicuri designati dalla Svezia, ai 27 indicati da Cipro.
In futuro, ha fatto capire un funzionario della Commissione, potrebbe essere proposta una lista unica vincolante per tutti i Paesi membri.
La redazione di DG MEME commenta con la consueta ironia la politica migratoria dell’UE, sempre più securitaria
🇪🇺 Ma i Paesi sicuri sono davvero sicuri?
La designazione dei Paesi di origine sicuri è stata in questi anni molto controversa, con varie cause legali in diversi Stati membri.
I tribunali hanno spesso bloccato l’espulsione di una persona migrante o il trattamento con procedura accelerata della sua domanda d’asilo, proprio perché i giudici dubitavano che il suo Paese di origine potesse essere considerato sicuro.
In Italia, proprio per questa ragione, sono stati sospesi i trasferimenti di richiedenti asilo verso i centri di trattenimento costruiti in Albania per l’esame delle domande di asilo tramite procedura accelerata.

La questione è ora all'esame della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che nei prossimi mesi dovrà esprimersi su un principio cruciale: se sia legittimo considerare un Paese di origine come "sicuro" anche quando al suo interno persistono condizioni di pericolo per specifiche categorie di persone o per chi vive in determinate aree del suo territorio.
Questa questione giudiziaria, però, sarà comunque irrilevante in futuro. La sentenza della Corte, infatti, verrà emessa sulla base della legislazione vigente, ma a partire dal 2026 entrerà in vigore il Patto su migrazioni e asilo, che prevede esplicitamente la possibilità di considerare “sicuro” anche un Paese che non lo è del tutto in alcune aree o per alcune categorie di persone. La Commissione vuole anticipare l’entrata in vigore di alcuni punti del Patto, tra cui questo, insieme a un altro: l’obbligo di sottoporre alla procedura accelerata di asilo tutti i cittadini di nazionalità con un tasso di riconoscimento dell’asilo inferiore al 20%.
Anche se la Commissione assicura che tutti i diritti delle persone migranti verranno rispettati, le organizzazioni umanitarie contestano questa volontà di velocizzare le procedure di asilo.
Nel caso specifico, si critica soprattutto l’inclusione nella lista europea di Tunisia, Egitto o Turchia: Paesi considerati “regimi autoritari” o “regimi ibridi” dalle più autorevoli classifiche sul livello di democrazia, dove la repressione del dissenso è sempre più evidente e i diritti umani non sono pienamente rispettati, anche secondo le stesse istituzioni europee.
Il rischio concreto è che per molti dei cittadini di questi Stati, il proprio Paese d’origine non costituisca un luogo davvero sicuro.
Altre cose successe in Europa questa settimana 🇪🇺
La Banca centrale europea ha ridotto di 25 punti base i tassi di interesse: si tratta della settima decurtazione in un anno, e segue il calo dell’inflazione nei Paesi dell’Area euro.
I ministri delle pari opportunità di Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo hanno condannato formalmente la decisione del parlamento ungherese di vietare il Pride, che vi avevamo raccontato in questo numero di Spinelli.
La Commissione europea ha annunciato una serie di misure per semplificare l’applicazione della legge europea sulla deforestazione provocata, che impone controlli sui metodi di produzione di alcuni tipi di merci importate nell’UE, come legno e caffè.
💶 Fondi coesione
Tra le grandi infrastrutture finanziate in Italia tramite i fondi di coesione europei rientra anche la linea ferroviaria ad alta velocità Napoli-Bari, del valore complessivo di circa 6 miliardi di euro, che punta a connettere meglio i litorali tirrenico e adriatico nel Sud Italia. Dovrebbe essere completata nel 2028.
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