La spina nel fianco dell’UE
Il governo dell'Ungheria è in perenne conflitto con le istituzioni europee, dalle politiche sui migranti ai diritti delle minoranze.
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles. Oggi parliamo dell’Ungheria di Viktor Orbán, senza dubbio il Paese dell’UE più in contrasto con le istituzioni europee.
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L’Ungheria vieta il Pride 🏳️🌈
I motivi di conflitto sono tanti. L’ultimo è una decisione che riguarda le politiche di genere, promossa dal partito del primo ministro Viktor Orbán, Fidesz. Il Parlamento ungherese ha infatti approvato una legge che vieta la marcia del Pride, il tradizionale corteo della comunità LGBTQ+, che solitamente si svolge a giugno.
Chi viola il divieto può incorrere in una multa fino a 200mila fiorini (circa 500 euro), con le autorità che potrebbero utilizzare strumenti di riconoscimento facciale potenziati dall’intelligenza artificiale per identificare i trasgressori.

La legge presenta diversi profili di possibile incompatibilità con il diritto europeo. In primo luogo perché il monitoraggio in diretta tramite riconoscimento facciale è vietato nell’UE, salvo casi particolari, come vi avevamo spiegato in questo numero di Spinelli dedicato alle regole europee sull’intelligenza artificiale.
Inoltre, il divieto si basa su un’altra legge molto controversa, in vigore dal 2022, sulla protezione dei minori. In pratica questa norma limita l'accesso dei bambini a libri, film, prodotti culturali e altri contenuti che "promuovono o ritraggono la deviazione dell'identità rispetto al sesso biologico, il cambiamento di genere o l'omosessualità".
L’approvazione di questa legge aveva innescato uno scontro con Commissione e Parlamento europeo, ma anche con altri Stati membri dell’UE. La Commissione aveva avviato una procedura di infrazione, considerando che la legge “discrimina le persone sulla base del loro orientamento sessuale o dell'identità di genere”.
Il Parlamento europeo e vari Stati membri (ma non l’Italia) si erano uniti alla causa legale lanciata dalla Commissione, che sarà discussa dalla Corte di Giustizia dell’UE.

Cause legali e fondi congelati 🧊
Quello che vi abbiamo appena raccontato non è l’unico contenzioso legale aperto fra Budapest e Bruxelles. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione sull’applicazione del diritto europeo, alla fine del 2023 l’Ungheria aveva 69 procedure di infrazione aperte.
Non si tratta del numero più alto nell’UE (Paesi come Spagna, Grecia e Bulgaria ne contano di più in termini numerici), ma le violazioni commesse dall’Ungheria sono spesso attacchi frontali alla legislazione europea.
Tra gli esempi più noti c'è la cosiddetta legge sulla difesa della sovranità, che istituisce un ente incaricato di indagare su individui e società finanziate dall’estero, compresi giornali e organizzazioni non governative.
Secondo la Commissione, la norma viola i diritti fondamentali, le regole del mercato unico europeo e anche la legislazione in materia di protezione dei dati.
Anche sulle politiche migratorie l’Ungheria ha sfidato più volte le decisioni prese a livello europeo, negando in varie circostanze il diritto d’asilo alle persone entrate irregolarmente sul suo territorio. Tanto che a giugno 2024 la Corte di Giustizia dell’UE ha ordinato all’Ungheria il pagamento di una multa da 200 milioni di euro per il mancato adeguamento a una sua sentenza di quattro anni prima. “Ignorando il principio di sincera cooperazione, l’Ungheria ha deliberatamente evaso l’applicazione della politica comune europea sulla protezione internazionale”, si legge nella decisione della Corte.

Oltre alle sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte, c'è uno strumento recente pensato proprio per contrastare le violazioni del diritto europeo.
Si tratta di un meccanismo di condizionalità che lega i fondi dell’Unione europea al rispetto dello Stato di diritto. La Commissione può attivarlo nel caso in cui in uno dei 27 Stati membri si verifichino violazioni che rischiano di compromettere la gestione del bilancio dell’UE o i suoi interessi.
E lo ha fatto, congelando parte dei fondi di coesione spettanti all’Ungheria per il periodo 2021-2027 e di quelli del NextGenerationEU destinati al Paese per la ripresa dalla pandemia da Covid-19: in tutto quasi venti miliardi di euro, a cui il governo di Orbán non può accedere.

I veti di Orbán ☝🏻
Un altro fronte aperto fra l’Ungheria e l’Unione europea riguarda il rapporto con gli altri Stati membri.
Da tempo il governo di Viktor Orbán adotta una postura “ostruzionista” sia nel Consiglio europeo (la riunione periodica dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri), sia nel Consiglio dell’UE e nel Coreper, cioè gli organi dove si incontrano i ministri e gli ambasciatori degli Stati e da cui escono i testi con valore legale.
Il primo ministro ungherese rivendica spesso i suoi veti alle politiche europee.
Nell’ultimo summit a Bruxelles, Orbán non ha sottoscritto le conclusioni sul sostegno all’Ucraina, costringendo gli altri leader nazionali ad adottare una formula particolare per esprimere il punto di vista di 26 Paesi su 27.
Una soluzione “innovativa” era stata utilizzata anche a dicembre 2023 per approvare l’apertura dei negoziati di adesione all’UE con Ucraina e Moldova, decisione per cui era richiesta l'unanimità. In quell’occasione Orbán si era assentato dalla sala, consentendo di fatto ai suoi omologhi di aprire i negoziati senza dover rinunciare alla sua presa di posizione, come vi avevamo raccontato qui.
Ma i veti al Consiglio europeo sono solo i più espliciti. Il processo decisionale europeo viene infatti complicato molto più di frequente tramite l’azione dei ministri e dell’ambasciatore ungherese a Bruxelles.
Il caso più spinoso riguarda le sanzioni alla Russia. Quelle nuove vanno adottate all'unanimità, e quelle già in vigore vanno rinnovate ogni sei mesi, sempre all'unanimità. Come spiegano fonti comunitarie, in entrambi i casi l’Ungheria tende a ritardare la decisione, inserendo eccezioni o rinvii.
Nell’ultimo rinnovo, a metà marzo, il governo di Budapest ha ottenuto l’esclusione di tre cittadini russi dalle sanzioni, minacciando di bloccare l’intero pacchetto.
Il diritto di veto è una prerogativa che gli Stati membri hanno in determinati ambiti, ed è per questo molto complicato da aggirare.
L’unico modo per farlo è una procedura basata sull’Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea: un’arma potenzialmente risolutiva, ma molto difficile da innescare.
Il Parlamento europeo ne ha richiesto l’attivazione nel 2018, dando il via a un processo che potrebbe portare l’Ungheria a perdere temporaneamente i suoi diritti in seno all’Unione, fra cui quello di voto.
Ma questa misura estrema si può adottare solo con un voto all’unanimità di tutti gli altri Paesi, che dovrebbero isolare l’Ungheria in un modo mai visto prima nella storia dell’UE.
Altre cose successe in Europa questa settimana 🇪🇺
I capi di Stato e di governo di diversi Paesi occidentali si sono riuniti a Parigi per discutere delle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina in caso di un accordo di pace. I leader dell’Unione europea hanno ribadito che in assenza di una tregua manterranno le sanzioni contro la Russia, invece di eliminarle come chiesto da Vladimir Putin.
La Commissione europea ha presentato una strategia per la preparazione alle crisi che include delle linee guida ai cittadini europei per un kit di emergenza volto a garantire la sopravvivenza per 72 ore. Il video social della commissaria Hadja Lahbib che mostra il suo kit ha suscitato polemiche e ironie.
In Turchia sono proseguite le proteste per l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu. Più di mille persone sono state arrestate dalla polizia, fra cui il corrispondente della BBC Mark Lowen, detenuto per 17 ore e poi rimpatriato nel Regno Unito.
I fondi di coesione per la difesa?
Il Consiglio affari generali del 28 marzo ha discusso dei fondi di coesione europei. Una delle possibilità è che la revisione di medio termine della politica di coesione 2021-2027 possa includere incentivi e risorse destinate a scopi di difesa.
Del perché questi fondi europei siano così importanti parliamo in Shape of EU, il podcast di Will realizzato in collaborazione con la Direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione Europea.
La storia che raccontiamo oggi è una storia di venture capitalism. E di come i fondi europei rendano possibile il finanziamento di aziende innovative che, se tutto va come deve, possono creare lavoro e ricchezza. Ma soprattutto innovazione. Riuscendo a creare qualcosa di nuovo lì dove prima non c’era niente.
Ci vediamo a Torino 🥂
Riparte il nostro Adecco Tour “Di cosa vive l’Italia?”, un viaggio per scoprire il vero motore economico del nostro Paese, e non solo.
In collaborazione con Adecco, abbiamo realizzato il reportage Di cosa vive l’Italia? per raccontare il vero cuore pulsante dell’economia italiana, attraverso un viaggio nei settori che alimentano il PIL e nelle storie di aziende innovative e leader di mercato. Tappa dopo tappa, vedremo il reportage e non mancheranno momenti di confronto con HR manager e molto altro.
La seconda tappa del tour si terrà a Torino martedì 1 aprile dalle 18:30 da Combo, in corso Regina Margherita 128. Ci si iscrive qui.
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