Una direttiva europea per tutelare rider e autisti
I Paesi dell’UE hanno dato l’assenso a una legge che potrebbe trasformare milioni di lavoratori delle piattaforme digitali da autonomi a dipendenti
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles.
Questa settimana il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia - anche nota come direttiva “case verdi” - per cui tutti i nuovi edifici costruiti in Unione europea a partire dal 2030 dovranno essere a emissioni zero.
Il Consiglio dell’UE, invece, ha approvato l’accordo raggiunto con l’Europarlamento sulla direttiva sul dovere di diligenza - di cui avevamo parlato in questa puntata di Spinelli - e quello sulla direttiva sui lavoratori delle piattaforme digitali, un testo legislativo molto contestato che a un certo punto ha rischiato seriamente la bocciatura.
Durante la sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo si è fatta notare la protesta dell’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca. Ciocca ha estratto un cartellino rosso e un fischietto, per criticare la direttiva direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia e “ribadire l’opposizione a regole europee che strozzano famiglie e imprese”.
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💻 Una legge per i lavoratori delle piattaforme digitali
La direttiva punta a migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme digitali, come ad esempio gli autisti di Uber o i rider che consegnano pasti d’asporto per Deliveroo, JustEat o Glovo. Regola in modo particolare due aspetti: la gestione dei lavoratori tramite algoritmi e la loro classificazione come dipendenti dell’azienda oppure come lavoratori autonomi.
Secondo la direttiva, ogni lavoratore dovrà essere debitamente informato sull’utilizzo di algoritmi per decidere orari, compensi e condizioni lavorative, mentre sarà vietata l’analisi di dati biometrici e dello stato emozionale dei rider attraverso l’app di lavoro. Dovrà sempre essere assicurata la supervisione da parte di una figura umana, a cui il lavoratore potrà rivolgersi per ottenere spiegazioni sulle “decisioni” dell’algoritmo.
Come ci ha detto l’eurodeputata relatrice del testo, Elisabetta Gualmini del Partito democratico, si tratta della prima legge al mondo sulla trasparenza degli algoritmi che regolano le condizioni di lavoro.
Gli Stati membri dell’UE dovranno inoltre stabilire dei criteri per consentire la riclassificazione dei lavoratori come dipendenti dell’azienda per cui operano, aderendo a delle linee guida europee.
Ogni lavoratore che rientra in tali criteri e si sente ingiustamente classificato come autonomo, potrà invocare una “presunzione di rapporto dipendente”: spetterà al suo datore di lavoro dimostrare il contrario davanti al giudice, mentre al momento l’onere della prova è a carico del lavoratore.
Il 18 febbraio 2024 quattro lavoratori di piattaforme digitali sono partiti a piedi da Villeneuve-d'Ascq, un paese nel nord della Francia, per andare a denunciare al Parlamento europeo le loro condizioni di lavoro. In quattro giorni hanno camminato quasi 100 chilometri, la maggior parte del tempo sotto la pioggia, documentando sui social la loro marcia.
🛑 L’opposizione degli Stati membri e delle aziende digitali
Proprio la riclassificazione dei lavoratori da autonomi a dipendenti è stata il punto più controverso della direttiva.
Secondo i dati forniti dalla Commissione europea, circa 5,5 dei 28 milioni di lavoratori complessivi delle piattaforme digitali sono a rischio di essere erroneamente classificati come autonomi, in molti casi senza la possibilità di avere ferie retribuite e giorni di malattia pagati.
L’Europarlamento voleva introdurre cinque indicatori specifici, validi in tutta l’UE, per determinare l’assunzione:
Tetto massimo alla retribuzione
Monitoraggio tramite app
Controllo degli incarichi
Imposizione di un orario di lavoro
Obbligo di indossare una divisa
In presenza di almeno due di queste condizioni, i lavoratori avrebbero dovuto diventare dipendenti e beneficiare dei diritti sociali garantiti dal contratto.
Ma l’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio il 13 dicembre 2023, dopo una lunga notte di trattative, è stato poi bloccato dal Consiglio stesso. Visto il testo di compromesso, alcuni degli Stati dell’UE hanno valutato che la legge imponesse oneri eccessivi alle aziende digitali.
Il 22 dicembre Francia, Germania, Grecia ed Estonia si sono opposte facendo mancare la maggioranza qualificata necessaria per approvare la direttiva (15 Stati membri con almeno il 65% della popolazione dell’UE). In questi casi, le due istituzioni dell’UE sono chiamate a intavolare un nuovo negoziato, che ha portato a un nuovo accordo l’8 febbraio.
Le regole stabilite con quest’ultimo compromesso sembrano meno stringenti per le aziende del settore e per gli Stati, visto che sono scomparsi i cinque indicatori per la “presunzione di rapporto dipendente”.
Sulla stesura finale, potrebbe aver influito l’intensa attività di lobby del settore. Un rapporto pubblicato da Corporate Europe Observatory evidenzia l’aumento delle spese di rappresentanza a Bruxelles di aziende come Uber, Deliveroo, Bolt e Wolt, per influenzare la legislazione in questione.
Alla fine, il Consiglio ha confermato il suo supporto al testo. Francia e Germania sono rimasti gli unici Paesi contrari, messi in minoranza dagli altri 25: una situazione piuttosto rara, come fa notare il quotidiano Politico.
Ora manca solo l’approvazione ufficiale da parte di Consiglio e Parlamento, prevista nell’ultima sessione plenaria, ad aprile. Poi gli Stati dell’Unione europea avranno due anni di tempo per trasporre la direttiva nelle loro legislazioni nazionali. Questa volta, non dovrebbero esserci sorprese.
🏥 Un lavoratore su due delle piattaforme digitali non è coperto in caso di malattia
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