L’Unione europea dovrebbe avere un esercito?
La sicurezza dei Paesi dell’UE dipende oggi più dalla Nato che dalla politica di difesa comune
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles.
Questa settimana si è parlato molto di sicurezza, difesa e spese militari in Europa.
Donald Trump, probabile candidato del Partito Repubblicano alle prossime elezioni negli Stati Uniti, ha sostanzialmente detto durante un comizio che se verrà eletto non soccorrerà in caso di attacco quei Paesi della Nato che non investono almeno il 2% del proprio prodotto interno lordo in spese militari: un obiettivo che i membri dell’Alleanza atlantica hanno concordato per la prima volta nel 2006, e ribadito in varie occasioni, ma che molti di loro ancora non raggiungono.
Le parole di Trump hanno provocato reazioni indignate in Europa. L’UE si appoggia alla Nato per la sua sicurezza e queste dichiarazioni violano il principio stesso su cui si fonda la Nato: tutti i Paesi dell’Alleanza atlantica interverranno se uno di loro verrà attaccato. Se Trump diventasse presidente degli Stati Uniti a novembre, molti temono che la sicurezza degli Stati europei possa essere a rischio.
Ventidue Paesi dell’Unione europea sono anche membri dell’Alleanza atlantica, a cui va aggiunta anche la Svezia che ha richiesto l’adesione nel 2022 ed è in attesa della ratifica del Parlamento dell’Ungheria per completare il processo. Praticamente, tutta l’UE è nella Nato, tranne Austria, Irlanda, Cipro e Malta.
Non c’è dubbio che a livello militare i governi europei contino più sulla protezione dell’Alleanza atlantica che su quella dell’Unione, nonostante una “clausola di difesa reciproca” contenuta nel Trattato sull’Unione europea: l’Articolo 42 stabilisce che “qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso”.
Ma il Trattato non definisce una procedura, né prevede espressamente un'assistenza di natura militare, anche perché alcuni Paesi dell’UE hanno una politica di neutralità che impedirebbe loro di entrare in un conflitto armato. Si specifica invece che la cooperazione nel settore militare deve rimanere conforme agli impegni presi nella Nato, che rimane “il fondamento della difesa collettiva” per gli Stati europei che ne fanno parte.
La minaccia di disimpegno dalla Nato se i Paesi europei non investono in spese militari è uno dei temi ricorrenti dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump
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🇪🇺 La spesa militare dell’Unione europea
Nel 2024 saranno solo 18 su 31 i Paesi della Nato con una spesa per la difesa pari o superiore al 2%, come ha annunciato il Segretario generale Jens Stoltenberg. Molti di quelli “non adempienti” fanno parte dell’Unione europea.
Nel complesso, i Paesi dell’UE spendono per la difesa circa l’1,5% del PIL, stando ai dati dell'Agenzia europea per la difesa, relativi al 2022, gli ultimi disponibili. La cifra complessiva, sicuramente destinata ad aumentare nel 2023 e nel 2024, si attestava intorno ai 240 miliardi di euro. Nello stesso anno, gli Stati Uniti ne hanno spesi 794, la Cina 273, e la Russia 92.
Al tempo stesso, gli investimenti sono piuttosto scoordinati. Sempre secondo l’Agenzia europea per la difesa, nel 2021 meno del 20% delle spese per l'acquisto di attrezzature militari riguardava progetti congiunti a livello europeo, nonostante esistano fondi comunitari pensati appositamente per promuovere la cooperazione come il Fondo europeo per la difesa.
Negli ultimi anni comunque, soprattutto a causa dell’invasione dell’Ucraina, le istituzioni dell’UE e i suoi Stati membri sembrano determinati a rafforzare la cooperazione in materia di difesa e sicurezza.
Gli ambiti d’azione sono tanti, a partire dall’industria militare. Per la prima volta nella storia dell’Unione, la produzione di armamenti sarà finanziata dal bilancio europeo, grazie a un regolamento chiamato Asap (Act in Support of Ammunition Production), che è anche l’acronimo dell’espressione inglese “as soon as possible”: per rimarcare l’urgenza di munizioni da consegnare all’Ucraina per difendersi dall’invasione russa e da conservare come scorte negli arsenali nazionali.
Come ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri Josep Borrell, la capacità produttiva dell’Unione è aumentata del 40% dall’inizio della guerra in Ucraina. Nel futuro potrebbe esserci un commissario europeo incaricato proprio di gestire l’aspetto industriale della politica di difesa, riporta il quotidiano Politico, e in un’intervista al Financial Times la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha suggerito sussidi europei per l’industria militare.
Le esercitazioni del contingente militare europeo hanno compreso la simulazione di uno sbarco sulle spiagge di Cadice, in Spagna
🪖 L’esercito europeo: un problema politico più che militare
Altra importante novità di questi ultimi anni è l’istituzione di un contingente militare europeo, che sarà operativo dal 2025. Si chiama European Union Rapid Deployment Capacity ed è una forza armata di 5 mila uomini da dislocare nei vari Paesi del mondo per rispondere a situazioni di crisi. La prima esercitazione si è svolta nel sud della Spagna, con la partecipazione di 2.800 soldati provenienti da diversi Paesi dell’Unione.
Per impiegare la European Union Rapid Deployment Capacity in un determinato contesto è necessario il consenso di tutti gli Stati membri dell’UE, così come per tutte le altre decisioni che riguardano la politica estera.
L’unanimità, però, è piuttosto difficile da raggiungere. Tanto che gli “EU Battlegroups”, squadroni da 1.500 militari europei predecessori della Rapid Deployment Capacity, teoricamente operativi dal 2007, non sono mai stati impiegati da nessuna parte.
Il problema principale è che l’utilizzo di una forza armata, anche per scopi e periodi limitati, è una diretta conseguenza di una strategia di politica estera. Secondo l’attuale funzionamento dell’UE deve essere sempre concordata fra i suoi Stati membri piuttosto che decisa in autonomia dal Servizio europeo per l’azione esterna, quello che dovrebbe essere l’equivalente comunitario di un ministero degli Esteri.
Anche per questo i contingenti militari finora progettati a livello europeo sono sempre “paralleli” alle forze nazionali. L’ipotesi di un esercito europeo che possa sostituire, accorpandoli, quelli nazionali è al momento molto remota: perché le forze armate di ogni Paese rispondono direttamente al loro Capo di Stato o di governo e difendono gli interessi nazionali.
🇮🇹 L’Italia spende per la difesa l’1,5% del prodotto interno lordo
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De Gaulle nel frattempo si rivolta nella tomba ⚰️