Chi c’è nella nuova Commissione europea
Gli Stati dell’UE hanno presentato i propri commissari alla presidente von der Leyen, che ora assegnerà i rispettivi incarichi
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles, dove sta prendendo forma la nuova Commissione europea.
La presidente Ursula von der Leyen aveva fissato proprio venerdì 30 agosto come deadline agli Stati membri dell’UE per presentare il nome del proprio commissario. L’Italia ha scelto Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il PNNR.
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🇪🇺 Le scelte degli Stati
Ora che ha la lista completa, von der Leyen deve ripartire i portafogli, cioè decidere quale commissario si occuperà di quale tema.
È un processo piuttosto complesso, perché la presidente deve cercare di assecondare i desideri dei governi (ognuno vorrebbe per il proprio commissario un determinato incarico) e bilanciare l’assegnazione dei ruoli più importanti (quelli di vicepresidente esecutivo) in base alle appartenenze politiche dei commissari stessi.
Questo gioco di incastri produrrà verso metà settembre una squadra di 27 figure, una per Paese, con un ruolo preciso. Von der Leyen alla presidenza e l’estone Kaja Kallas come Alto rappresentante per gli Affari esteri sono le uniche certezze, insieme al fatto che questa Commissione europea non rispetterà l’equilibrio di genere.
Nonostante la richiesta di von der Leyen agli Stati di presentare due candidati, un uomo e una donna, tutti (tranne la Bulgaria) ne hanno presentato uno solo. Il risultato è che ci saranno meno di dieci donne su 27, rispetto alle 13 della scorsa Commissione.
Teoricamente, la presidente può respingere i profili ritenuti non all’altezza. Poi, una volta assegnati i portafogli tocca al Parlamento europeo valutare i nuovi commissari e approvarli uno per uno in singole audizioni previste per l’inizio dell’autunno.
Ne abbiamo scelti cinque, da tenere d’occhio nei prossimi cinque anni (se il Parlamento li accetterà…).
Presentandosi come commissaria rinuncia alla vicepresidenza del governo spagnolo, ma quasi sicuramente otterrà quella esecutiva della Commissione europea. Teresa Ribera, attuale ministra per la transizione ecologica e la sfida demografica, è considerata una delle figure di primo piano del governo di Pedro Sánchez.
In passato è stata direttrice dell’Ufficio nazionale per il cambiamento climatico e prima segretaria di Stato per il cambiamento climatico.
Molto attenta alle rivendicazioni dei movimenti ecologisti, ha incontrato più volte Greta Thunberg e preso posizioni forti, considerando la Legge sul clima europea insufficiente perché fissa un target di riduzione di emissioni di gas climalteranti per l’UE nel suo complesso, ma non per ogni singolo Paese.
Sembra l’erede perfetta di Frans Timmermans al portafoglio del Green Deal, il piano per azzerare le emissioni nell’Unione entro il 2050.
Lo slovacco Maroš Šefčovič le ha passate tutte, o quasi. La sua esperienza nella Commissione europea comincia nel 2009, sostituendo il connazionale Ján Figeľ come commissario per l’Istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù.
Da allora è stato commissario all’Unione energetica e alle Relazioni interistituzionali, ma anche, ad interim, alla Salute e al Mercato unico digitale.
Šefčovič sembra perfetto per le emergenze, le sostituzioni e le situazioni delicate. Nel 2020 è stato incaricato di gestire i rapporti con il Regno Unito dopo la Brexit, riuscendo a negoziare una soluzione per il complicato “protocollo nord-irlandese”: il sistema che regola il transito delle merci fra l’Irlanda, che fa parte dell’UE, e l’Irlanda del Nord, che ne è uscita insieme al resto del Regno Unito. Nel 2023, è stato scelto invece per sostituire Timmermans nella gestione del Green Deal fino alla fine della legislatura.
A Bruxelles Šefčovič resta molto apprezzato, nonostante il suo partito Smer sia accusato di posizioni “filorusse” e retorica di estrema destra, tanto da essere stato espulso dalla famiglia dei Socialisti e democratici. Per Ursula von der Leyen potrebbe essere una sorta di “jolly” da collocare dove serve.
Thierry Breton ama fare, e annunciare, le cose in grande. Durante il suo precedente mandato da commissario al Mercato interno, l’ex ministro dell’economia francese si è occupato di molti temi, dalla produzione di armi alla regolamentazione di social network e nuove tecnologie.
Non sempre le cose sono andate come avrebbe desiderato. L’obiettivo di inviare all’Ucraina un milione di proiettili da 155 millimetri entro marzo 2024, ad esempio, non è stato raggiunto.
Però ha portato a casa il Digital Services Act e il Digital Markets Act, due regolamenti per frenare le pratiche sleali dei colossi tecnologici, e l’AI Act (di cui avevamo parlato in questo numero di Spinelli), che è la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale.
I risultati concreti del suo lavoro si vedranno però soprattutto nei prossimi anni, a partire dall’European Chips Act, uno stanziamento di 43 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati per incoraggiare la produzione di semiconduttori in Europa.
Per un periodo, prima delle elezioni, si era ipotizzato che Breton potesse essere il nuovo presidente della Commissione europea. Molto probabilmente gli sarà assegnata una vicepresidenza esecutiva, considerato anche il peso politico del suo Paese.
Eletta per il Parlamento europeo dai suoi connazionali, designata per la Commissione dal suo governo. La storia si ripete per Dubravka Šuica, che per quattro volte ha ottenuto un seggio all’Eurocamera.
Il suo primo mandato da europarlamentare è durato poco più di di un anno: dall’ingresso della Croazia nell’UE (luglio 2013) fino alle elezioni europee della primavera successiva, in cui è stata nuovamente eletta per cinque anni.
Dopo la terza rielezione, nel 2019, il governo croato ha fatto il suo nome per la Commissione europea, in cui ha ricevuto il portafoglio alla Democrazia e demografia. Momento più innovativo del suo mandato è stata la Conferenza sul futuro dell’Europa, un esperimento di democrazia partecipativa che ha coinvolto 800 cittadini selezionati in modo casuale, oltre a vari membri di Parlamento, Commissione e governi nazionali dell’UE.
Il risultato non è stato dirompente: un rapporto di 49 proposte articolate in 325 misure, con quelle più audaci come l’abolizione del diritto di veto rimaste lettera morta. Šuica ha mantenuto un profilo basso nella sua prima esperienza da commissaria, non si è mai scostata dalla linea di Ursula von der Leyen e potrebbe essere la prescelta per uno dei nuovi portafogli che la presidente vuole introdurre: quello agli alloggi sostenibili.
Andrius Kubilius non ha bisogno di presentazioni, basta il suo curriculum vitae: due volte primo ministro della Lituania, presidente per un decennio del partito conservatore del suo Paese, eurodeputato di spicco nell’ultima legislatura.
Si era detto disinteressato al posto da commissario, ma è stato convinto con una chiamata mentre si trovava in vacanza, in bicicletta, in Estonia. Il governo di Ingrida Šimonytė aveva bisogno di un nome affidabile, che fosse gradito anche al presidente lituano Gitanas Nausėda.
Le battaglie principali di Kubilius sono l’espansione a Est dell’Unione europea e il supporto all’Ucraina contro l’invasione russa. Anche per questo potrebbe toccargli un portafoglio importante: quello all’Allargamento dell’UE, o alla Difesa.
🔵 I Popolari sono la famiglia politica più numerosa nella nuova Commissione europea
🌊 Il porto di Termoli e i fondi di coesione
Da Bruxelles voliamo a Termoli, unico porto del Molise, minacciato nelle sue attività dall’insabbiamento del fondale. Grazie a un finanziamento di oltre tre milioni del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, la regione è potuta intervenire con operazioni di dragaggio che hanno portato alla rimozione di circa 120 mila metri cubi di sabbia. Una quota importante di questa sabbia è stata trattata e redistribuita in altre zone a ridosso della banchina.
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Le persone che fanno un lavoro diverso da ciò che hanno studiato sono una ogni tre e quasi la metà di chi termina gli studi, se potesse tornare indietro, sceglierebbe un percorso di studi diverso.
Tutti ci siamo domande sul nostro lavoro almeno una volta, ma sembra che intorno a noi nessuno ne parli. Per questo abbiamo deciso di dedicare un’intera serie dei nostri WILL MEETS proprio a questi temi!
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