L’Unione europea è sempre più rigida sull’immigrazione
Gli Stati membri hanno discusso la possibilità di avere “centri di rimpatrio” al di fuori dell’UE, e vogliono più collaborazione con i Paesi terzi
Ciao!
Io sono Vincenzo Genovese e questa è Spinelli, la newsletter settimanale di Will che racconta l’Unione europea da Bruxelles, dove questa settimana si sono riuniti i 27 capi di Stato e di governo dell’UE.
Nel Consiglio europeo si è parlato di guerra in Ucraina, con il presidente Volodymyr Zelensky che ha presentato il suo “piano per la vittoria” ai leader europei; della situazione in Medio Oriente, proprio mentre arrivava l’annuncio dell’uccisione del leader di Hamas Yahya Sinwar da parte dell’esercito israeliano. Ma anche e soprattutto di immigrazione.
Su questo tema, l’Unione europea sembra procedere sempre più in una direzione securitaria: più controlli alle frontiere, più rimpatri di migranti irregolari, più accordi con i Paesi extraeuropei per fermare le persone migranti prima che arrivino in Europa.
Questo è stato l’ultimo Consiglio europeo presieduto da Charles Michel. A dicembre entrerà in carica il nuovo presidente, il portoghese António Costa
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🇪🇺 Gli Stati europei inaspriscono le loro politiche migratorie
Di recente, la Polonia ha annunciato la sospensione del diritto d’asilo denunciando una “guerra ibrida” da parte della Bielorussia, che spingerebbe le persone migranti alle frontiere polacche. La Germania ha reintrodotto i controlli alle frontiere con gli altri Paesi dell’area Schengen, per ridurre gli ingressi irregolari. L’Italia ha aperto un centro di trattenimento per richiedenti asilo in Albania. I Paesi Bassi vogliono deportare in Uganda gli africani che non hanno diritto allo status di rifugiato, oltre a chiedere un’esenzione dalla politica migratoria europea, come l’Ungheria.
La gestione dell’immigrazione resta una competenza nazionale, ma i leader dell’UE hanno ribadito anche nell’ultimo incontro che “la migrazione è una sfida europea e richiede una risposta europea”. I Paesi membri possono infatti elaborare politiche comuni di gestione dei flussi, come il Pact on Migration and Asylum, approvato definitivamente la scorsa primavera, che prevede tra le altre cose una parziale redistribuzione dei richiedenti asilo nell’Unione (ve ne avevamo parlato in questo numero di Spinelli).
Ma molti Stati non sono del tutto soddisfatti, perché il Patto si concentra soprattutto sulla “dimensione interna” del fenomeno migratorio: cioè come gestire le persone che già sono arrivate in Europa. Diversi governi europei vorrebbero invece iniziative più incisive sulla “dimensione esterna”, per evitare l’arrivo delle persone migranti oppure rimpatriarle nei Paesi di origine.
Quindici di loro, lo scorso maggio, avevano chiesto ufficialmente alla Commissione europea di “pensare in maniera innovativa” e trovare “nuovi modi” per prevenire l’immigrazione irregolare.
📃 Le idee della Commissione per la gestione dei migranti
La Commissione allora ha presentato agli Stati dieci aree d’azione su cui concentrare gli sforzi, elencate in una lettera inviata dalla presidente Ursula von der Leyen prima del vertice ai capi di Stato e di governo dell’UE. Dalla discussione sono emersi alcuni punti in comune.
Tutti i 27 sono d’accordo sull’aumentare la cooperazione con i Paesi di origine e transito delle persone migranti, approccio che negli ultimi anni ha portato ad accordi controversi con Tunisia ed Egitto in cui l’Unione finanzia il controllo delle loro frontiere.
Ma anche sulla necessità di accelerare il rimpatrio di chi non ha diritto a risiedere in Europa: secondo i dati della Commissione, solo il 20% delle persone migranti a cui viene imposto di lasciare i Paesi dell’UE lo fa davvero. Sul tema la Commissione ha promesso presto una proposta legislativa.
Vengono menzionati nelle conclusioni del Consiglio europeo anche i “nuovi metodi innovativi per prevenire e combattere l’immigrazione irregolare”, su cui la Commissione ha aperto una riflessione. Nella sua lettera, von der Leyen suggeriva la possibilità di sviluppare “centri di rimpatrio” fuori dal territorio dell’UE, in cui trasportare quei richiedenti asilo che ricevono una risposta negativa alla loro richiesta, in attesa di completarne il rimpatrio nel Paese di provenienza.
Il modello su cui costruire questi centri non è ancora chiaro, e i leader degli Stati membri non hanno formalmente approvato l’idea, ma l’hanno discussa. E alcuni di loro sembrano molto interessati, come dimostra il piano olandese che coinvolge l’Uganda.
In questi casi, spiegano fonti diplomatiche, i problemi sono due: la compatibilità con il diritto europeo e la disponibilità dei Paesi terzi a ospitare queste persone sul proprio territorio, in cambio di denaro.
🇮🇹🇦🇱 Il piano Italia-Albania è un modello per l’UE?
Entrambi gli ostacoli sono stati superati nell’accordo fra il governo italiano e l’Albania per collocare persone migranti in territorio albanese. Tuttavia, non si tratta di centri di rimpatrio, ma di centri di trattenimento per richiedenti asilo: ci finiranno solo persone maggiorenni di sesso maschile e in buona salute, salvate da navi delle autorità italiane in mezzo al Mediterraneo.
Il fatto che queste persone non siano ancora entrate in territorio europeo e che possano fare richiesta d’asilo all’Italia anche dalle strutture albanesi rende il progetto, fino a prova contraria, compatibile con il diritto dell’UE. La disponibilità dell’Albania, che ha appena aperto i negoziati di adesione con l’UE, ha permesso di trovare un Paese terzo con cui collaborare.
Anche per questo, von der Leyen ha espresso un cauto interesse sull’accordo, scrivendo che “sarà possibile trarre lezioni dalla sua messa in pratica”. La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni lo ha invece presentato ai suoi omologhi in una riunione ristretta prima del vertice europeo a cui hanno preso parte i capi di governo di Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria.
Ma al momento nel centro albanese di Gjadër non può essere trattenuto nessuno. Delle 16 persone migranti finora trasportate in Albania, quattro sono state trasferite in Italia: due, si è scoperto, erano minorenni, e due considerati “vulnerabili”.
Per gli altri dodici, il tribunale competente non ha convalidato il trattenimento: i Paesi da cui provengono, Egitto e Bangladesh, non possono essere considerati sicuri e i cittadini con queste nazionalità non possono quindi essere sottoposti alla procedura accelerata di asilo prevista nel centro albanese. Verranno dunque trasferiti in Italia, dove seguiranno la regolare procedura di asilo.
I giudici hanno applicato un principio enunciato da una recente sentenza della Corte di Giustizia europea: un Paese non può essere considerato sicuro, se non lo è per tutti i suoi cittadini e in ogni parte del suo territorio.
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